Lanciato da Confindustria e da San Patrignano nel 2018, il Forum è un evento internazionale di riflessione e scambi di esperienze con imprenditori, economisti, policy-makers, attori sociali, intellettuali, ricercatori per offrire soluzioni a lungo termine ai più pressanti temi globali.
In questo contesto Remo Pedon è intervenuto sul tema del partenariato privato-privato per il co-sviluppo, che mette in atto azioni concrete per stimolare le collaborazioni tra imprese italiane ed africane attraverso l’attività di mentoring e tutorship.
Il partenariato privato – privato, che rappresenta uno dei pilastri del protocollo d’intesa siglato da Confindustria, come può contribuire allo sviluppo del sistema imprenditoriale in Africa e allo stesso tempo rappresentare un’opportunità per le imprese italiane?
L’Africa è un continente vasto che corrisponde alle dimensione cumulate di Cina, Stati Uniti, India e parte dell’Europa. C’è una parte dell’area – quella mediterranea - che, grazie alla vicinanza geografica con l’Italia, e più in generale con l’Europa, è cresciuta negli anni, ha avviato riforme strutturali ed è meta di investimenti internazionali. Pensiamo al Marocco, alla Tunisi, all’Algeria e all’Egitto.
L’Africa Sub-sahariana invece ha corso a ritmi differenziati dove i paesi con maggiori risorse energetiche e minerarie hanno potuto beneficiare di una crescita maggiore.
Per fortuna la tendenza è cambiata e secondo il rapporto Doing Business 2019 l’Africa Subsahariana è – per il sesto anno consecutivo – la regione nella quale si registra il maggior numero di riforme volte ad agevolare l’attività di impresa, per un totale di 107 processi avviati (ossia un terso di quelli lanciati a livello globale).
Ci sono molte opportunità per le imprese italiane di avviare delle collaborazioni con operatori africani e il partenariato privato – privato rappresenta uno strumento concreto per mettere in contatto delle start up e PMI africane – selezionate dai nostri partner E4Impact e International Trade Center – con le aziende italiane.
Per cultura e retaggio storico l’imprenditore italiano quando investe all’estero crea valore e utilizza un approccio inclusivo della collettività locale, trasferendo competenze e formando le maestranze. È un approccio da comunità che richiama i principi del capitale sociale del territorio che è stato uno degli elementi che ha contribuito a far nascere numerosi distretti industriali nel nostro paese.
Abbiamo una banca dati con 50 imprese Africane di molti paesi - Kenya, Etiopia, Uganda, Tanzania, Gambia, Nigeria, Zambia e di diversi settori quali: l’agroindustriale, il tessile, la cosmetica, dello sport, di clean technologies e del turismo.
L’attività che come Confindustria abbiamo svolto è di far conoscere queste imprese alla nostre associate e far capire come il mentoring e il tutorship possano contribuire a realizzare il co-sviluppo tra Italia e Africa.
Lei ha un’esperienza consolidata come imprenditore in Africa, ed in particolare in Etiopia, qual è la lezione che ha imparato in questi anni? Che suggerimento darebbe a dei colleghi che intendono approcciare questo continente?
Nel 2005 siamo stati la prima azienda europea del mondo agricolo a investire in Etiopia, grazie alla politica di liberalizzazione avviata dal governo locale. Una nazione allora molto complessa e poco sviluppata, dove non esistevano logistica e infrastrutture, ma bellissima e dalla gente aperta e disponibile. L’iniziale approccio ha richiesto molta attenzione e progettualità, oltre al coraggio e a una visione imprenditoriale che ha riconosciuto in questo Paese delle forti opportunità per dare vita a un modello di business e di sviluppo economico e sociale.
Primo aspetto a determinarne la scelta di investire risorse umane ed economiche è stato il terreno che possiede quelle peculiarità distintive che ci consentono di gestire coltivazioni uniche.
La fertilità del terreno ovviamente non basta, occorre investire in una presenza diretta, e questo è un suggerimento che mi sento di voler dare ai miei colleghi imprenditori, per trasferire know how e garantire la qualità di filiera. Da qui la decisione di avere uno stabilimento in loco, interamente finanziato da Pedon, che ci permette di controllare direttamente le procedure di lavorazione affinché siano rispettati gli stringenti standard europei. Un plus molto importante che aggiunge valore a una produzione naturalmente di alta qualità.
E non solo, da sempre la sostenibilità rappresenta per noi un valore fondante e condiviso, e questo Paese ci ha da subito offerto la possibilità di perseguire concretamente questo obiettivo e stile di lavoro che ritengo oggi imprescindibile nella moderna gestione d’impresa. Per questo motivo, all’interno dello stabilimento per la lavorazione dei legumi realizzato all’inizio degli anni 2000, è stata costruita una scuola per i figli dei dipendenti. Parliamo di circa 180 bambini in età prescolare – tra i 3 e i 6 anni – che vengono seguiti quotidianamente da 8 insegnanti e 1 direttore. È un progetto di cui siamo, e sono, particolarmente orgoglioso, perché corrisponde a pieno al concetto di sviluppo sostenibile, contribuendo alla loro crescita culturale e occupazionale necessaria in zone così estremamente disagiate nonostante la ricchezza di risorse offerte dal territorio.
L’eco del nostro progetto è giunta anche a Bill Gates che nel 2012 ha voluto visitare lo stabilimento poiché rientra nel quadro dei progetti di empowerment dei piccoli contadini in tutto il mondo. E devo dire che ha molto apprezzato questo modello di business in un paese come l’Etiopia, basato sull’entrare in sintonia con il tessuto culturale senza snaturare ma favorendo un’evoluzione e offrendo un reale sostegno alla comunità.
L’Etiopia è un paese quindi con delle fortissime potenzialità che intendiamo fermamente continuare ad implementare e valorizzare, poiché, al di là di soddisfare e sostenere la nostra politica di esportazione, asset sicuramente importante per l’intero gruppo, ci permette di mettere in atto concretamente un impegno sociale in cui crediamo e che ritengo doveroso per garantire il futuro del pianeta, perseguendo il giusto equilibrio tra lo sfruttamento delle risorse naturali offerte e una qualità di vita dignitosa per chi lo abita.